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Tutorial Stagione 4

Cyberstupidity: come contrastare la “stupidità” in rete

Tutorial Stagione 4

17 Novembre 2021
Cyberstupidity: come contrastare la “stupidità” in rete

Vi sarà capitato di incontrare questo termine: cyberstupidity. Potremmo tradurlo esattamente come stupidità digitale, riportandoci al lavoro di Marc Prensky autore noto, da molti anni, per il concetto di nativi digitali. Se, ormai, possiamo dire che non esistono nativi digitali, ma nati digitali, poiché non possiamo far coincidere all’età anagrafica una competenza univoca nell’accesso e nell’uso dei media digitali, il discorso di Prensky prova a spostare l’attenzione dall’età, appunto, ad un nuovo concetto che etichettiamo come saggio digitale. Se esiste il saggio digitale, colui che conosce i media, li sa usare e lo fa in modo critico e responsabile, esistono anche due altre figure:

  • lo stupido digitale, che non riflette e abita la Rete e i social in maniera sciocca, dannosa e poco attenta all’altro, oltre che poco creativa in chiave alfabetica;
  • lo smanettone digitale, che sa usare i media ma solo in termini tecnici, senza porsi il problema etico.

Il discorso, allora, è interessante e ci consente di riconoscere alcuni comportamenti di stupidità digitale, ad esempio:

 

  • lo spamming, come invasione dello spazio digitale altrui senza chiedere permesso. É spam anche postare nella bacheca di un nostro amico senza consenso;
  • il flaming, come forma di aggressione verbale, di commento irrispettoso o sopra le righe, che spesso fa da premessa per lo scontro vero e proprio;
  • lo stalking, una vera e propria persecuzione con post sia nella messaggistica pubblica che privata;
  • l’Happy slapping, che prevede l’uso dei social per prendere in giro e farsi gioco degli altri;
  • il body shaming, che consiste nell’umiliazione dell’altro per difetti fisici o tratti fisici, usando i social, i gruppi pubblici, i messaggi e le piattaforme video.

 

Come combattere la cyberstupidity? Attraverso l’educazione ai media e l’accompagnamento dei ragazzi, ma anche di molti adulti, verso una presa di coscienza profonda sull’uso dei linguaggi, dei formati, degli spazi, sviluppando quella che identifichiamo come dimensione etica della competenza digitale.

Testi: Alessandra Carenzio

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