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Tutorial Stagione 5

Accesso all’acqua, bene comune

Tutorial Stagione 5

26 Aprile 2023
Accesso all’acqua, bene comune

Tutorial in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

di Tebaldo Vinciguerra, officiale del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale

 

Sono Tebaldo Vinciguerra, officiale del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Ho il piacere di condividere alcune riflessioni sull’accesso al bene comune acqua.

L’acqua è una preziosa e insostituibile creatura di Dio. Sia la Genesi sia la ricerca scientifica ci dicono in qualche modo che all’origine della vita c’era un elemento fondamentale, l’acqua.

L’accesso all’acqua in quantità e modalità adeguate è una questione di dignità umana. Concretamente: non potersi dissetare, non poter provvedere alla propria igiene o al bucato, non avere acqua durante un parto o un’operazione chirurgica sono situazioni che mettono a repentaglio la salute e la vita stessa. Senza acqua non c’è sviluppo umano.

Nella scia del comandamento evangelico “Dare da bere agli assetati” (Matteo 25), la Chiesa si è da sempre preoccupata dell’accesso all’acqua per chi, in determinate circostanze, ne era sprovvisto. Pensiamo al dare da bere agli ammalati e degenti ricoverati nelle migliaia di strutture sanitarie cattoliche, pensiamo ai numerosissimi pozzi, ai filtri e alle tubature ai quali si dedicano tante ONG cattoliche, la rete Caritas, molte congregazioni.

La nota enciclica Laudato si’ cita l’acqua una quarantina di volte.

Dopo quest’introduzione, veniamo al cuore del tema che ci interessa. Spesso sentiamo definire l’acqua “un bene comune”[i]. Si tratta di un linguaggio adoperato anche dalla Chiesa. Per esempio: «l’acqua è un bene comune universale, un bene comune dell’intera famiglia umana», spiegò la Santa Sede in occasione di un Forum mondiale dell’acqua (Città del Messico, 2006)[ii]. Più recentemente, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha sottolineato, negli Orientamenti Aqua fons vitae, che «secondo il magistero della Chiesa Cattolica, l’acqua è un bene comune la cui adeguata gestione concorre alla realizzazione del bene comune dell’intera famiglia umana» [iii].

È importante, innanzitutto, riconoscere che questo concetto di “un bene comune” può avere sfumature diverse se adoperato da giuristi oppure da economisti. Semplificando: i giuristi si interessano alla proprietà, alla natura di un operatore idrico, o ancora al diritto di usufruire di determinate quantità d’acqua. Gli economisti invece a come un determinato bene in questo caso l’acqua viene consumato; nello specifico, se nessuno può essere escluso dal suo consumo ma il consumo è comunque rivale – cioè quello che consumo io non lo consumi tu – la teoria economica considera quel bene comune.

E la Chiesa? Cosa propone in merito all’acqua, elemento così importante anche nella nostra tradizione religiosa? Rimanendo consapevoli che il concetto acqua include realtà diverse – oceani, acqua solidificata nei ghiacciai, acqua presente negli organismi viventi – soffermiamoci sull’acqua dolce facilmente accessibile e sull’acqua potabile.

Due idee per guidarci. La prima è il principio della destinazione universale dei beni. Il Catechismo della Chiesa Cattolica indica che «i beni della creazione sono destinati a tutto il genere umano» (§ 2402). Il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa ricorda che Dio-Creatore ha affidato la Terra, questa nostra casa comune, «a tutto il genere umano, perché essa sostenti tutti i suoi membri, senza escludere né privilegiare nessuno» (§ 171). Dio fa piovere sui giusti e sugli ingiusti (Matteo 5, 45) e c’è un diritto di usufruire di questi beni in quanto funzionali al proprio sviluppo (Compendio, § 172). Eppure la ripartizione geografica dell’acqua dolce non rispecchia la ripartizione della popolazione e ci sono grandissime disparità nel consumo idrico. Inoltre, l’inquinamento rende una certa quantità di acqua dolce difficile da potabilizzare per chi non dispone di possibilità avanzate di depurazione. Circa due miliardi di persone hanno un qualche problema con l’accesso all’acqua: o troppo poca, o troppo lontana, o troppo costosa, e via dicendo. Talvolta l’acqua è disponibile per finalità superficiali, per lo svago, ma manca gravemente per necessità fondamentali di chi magari si trova a poca distanza, questo anche se l’acqua non può essere considerata una merce ricorda Papa Francesco[iv].

La seconda idea risiede nell’etimologia ricca dell’aggettivo “comune”, dal latino munus, che designa il dovere, l’obbligo, il favore o il regalo. Come se “in comune” è ciò a cui qualcuno deve appartenere, ma anche ciò a cui sceglie di contribuire e collaborare.

Ciò detto, interroghiamoci: davvero crediamo che l’acqua sia destinata universalmente a tutte le generazioni?  Ci stiamo adoperando per rendere realtà una tale visione?

L’acqua come bene comune è sì quella fonte dalla quale una persona e la sua comunità dipendono: un fiume, un acquifero, un pozzo. Ma è anche quella fonte per la quale ci s’impegna. Che viene gestita in modo sostenibile da tutti i punti di vista e anche in solidarietà, preoccupandosi in modo prioritario dei più poveri e vulnerabili che mancano di acqua; stabilendo in base alla dignità umana una gerarchia dei vari usi dell’acqua; evitando l’accaparramento, lo spreco, forme gravi di inquinamento e l’uso dell’acqua come arma. L’acqua come bene comune sospinge ad interrogarsi e adoperarsi per una sana e pacifica cultura dell’acqua, una vera partecipazione[v], istituzioni integre e vigili[vi], ad abbinare diritti e doveri[vii], e infine sforzi per l’educazione e la contemplazione di questo dono di Dio, “sorella acqua”.

[i] Non si tratta dunque qui del principio del bene comune descritto nel Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, § 164-170.

[ii] Acqua, un elemento essenziale per la vita. Contributo della Santa Sede al Quarto Forum mondiale dell’Acqua, marzo 2006.

[iii] Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Acqua fons vitae. Orientamenti sull’acqua: simbolo del grido dei poveri e del grido della Terra, Città del Vaticano 2020, § 20.

[iv] Francesco, Messaggio ai partecipanti alla Conferenza “La gestione di un bene comune: l’accesso all’acqua potabile per tutti” svoltasi all’Università Urbaniana l’8 novembre 2018.

[v] Varie iniziative (ciascuna con le sue specificità e con diversi approcci giuridici, economici e/o sociali) si impegnano – con più o meno successo – per promuovere la visione e la gestione dell’acqua proprio come un bene comune.

[vi] Aqua fons vitae, § 104-108.

[vii] Il diritto umano all’acqua potabile non è il tema di questo testo. Va comunque tenuto a mente che la Santa Sede promuove da anni questo diritto. Si veda Laudato si’, § 30 e Aqua fons vitae, § 49-55.

***

Tebaldo Vinciguerra, Officiel du Dicastère pour le Service du Développement Humain Intégral.

J’ai le plaisir de partager quelques réflexions sur l’accès au bien commun qu’est l’eau.

L’eau est une créature précieuse et irremplaçable de Dieu. La Genèse et la recherche scientifique nous disent – d’une quelque façon – qu’à l’origine de la vie, il y avait un élément fondamental, l’eau.

L’accès à l’eau en quantité et selon des modalités adéquates est une question de dignité humaine. Concrètement : ne pas pouvoir étancher sa soif, ne pas pouvoir assurer son hygiène ou faire sa lessive, manquer d’eau lors d’un accouchement ou d’une intervention chirurgicale sont des situations qui mettent en danger la santé et la vie elle-même. Sans eau, il n’y a pas de développement humain.

Dans le sillage du commandement évangélique “Donnez à boire à ceux qui ont soif” (Matthieu 25), l’Église s’est toujours préoccupée de l’accès à l’eau pour qui, dans telle ou telle circonstance, en est dépourvu. Pensons à la fourniture d’eau aux malades et aux convalescents dans des milliers d’établissements de santé catholiques, pensons aux innombrables puits, filtres et canalisations auxquels se consacrent tant d’ONG catholiques, le réseau Caritas, et de nombreuses congrégations.

La célèbre encyclique Laudato si’ mentionne l’eau une quarantaine de fois.

Après cette introduction, venons-en au cœur du sujet qui nous intéresse. On entend souvent parler de l’eau comme d’un “bien commun”[viii]. Il s’agit d’un langage utilisé également par l’Église. Par exemple : « l’eau est un bien commun universel, un bien commun de toute la famille humaine », a expliqué le Saint-Siège lors d’un Forum mondial de l’eau (Mexico, 2006)[ix]. Plus récemment, le Dicastère pour le Service du Développement Humain Intégral a souligné dans les Orientations Aqua fons vitae que, selon le magistère de l’Église catholique, « l’eau est un bien commun dont la gestion contribue à la réalisation du bien commun de la famille humaine tout entière »[x].

Il est important, tout d’abord, de reconnaître que ce concept, “un bien commun”, peut avoir des nuances différentes selon qu’il est utilisé par des juristes ou des économistes. Pour simplifier, les juristes s’intéressent à la propriété, à la nature d’un fournisseur d’eau ou au droit d’utiliser certaines quantités d’eau. Les économistes, au contraire, s’intéressent à la manière dont un bien donné, en l’occurrence l’eau, est consommé ; plus précisément, si personne ne peut être exclu de sa consommation mais que celle-ci est néanmoins rivale – c’est-à-dire que ce que je consomme, tu ne le consommes pas – la théorie économique considère que ce bien est commun.

Qu’en est-il de l’Église ? Que propose-t-elle en ce qui concerne l’eau, élément si important même dans notre tradition religieuse ? Sachant que la notion d’eau recouvre des réalités différentes – océans, eau solidifiée dans les glaciers, eau présente dans les organismes vivants – concentrons-nous sur l’eau douce facilement accessible et sur l’eau potable.

Deux idées pour nous guider. La première est le principe de la destination universelle des biens. Le Catéchisme de l’Eglise catholique affirme que « les biens de la création sont destinés à tout le genre humain » (§ 2402). Le Compendium de la Doctrine sociale de l’Église rappelle que Dieu-Créateur a confié la Terre, notre maison commune, « à tout le genre humain, pour qu’elle fasse vivre tous ses membres, sans exclure ni privilégier personne » (§ 171). Dieu fait pleuvoir sur les justes et les injustes (Matthieu 5, 45) et il existe un droit à jouir de ces biens dans la mesure où ils sont fonctionnels pour le développement de chacun (Compendium, § 172). Cependant la répartition géographique de l’eau douce ne reflète pas la répartition de la population et il existe de grandes disparités dans la consommation d’eau. En outre, la pollution rend une certaine quantité d’eau douce difficile à potabiliser pour ceux ne disposant pas de moyens de purification avancés. Environ deux milliards de personnes ont un quelque problème d’accès à l’eau : trop peu, trop loin, trop cher, etc. Parfois, l’eau est disponible pour des finalités superficielles, pour les loisirs, mais elle manque cruellement pour les besoins fondamentaux de ceux qui se trouvent à une courte distance, et ce même si l’eau ne peut pas être considérée comme une marchandise rappelle le pape François[xi].

La seconde idée réside dans la riche étymologie de l’adjectif “commun”, issu du latin munus, qui désigne le devoir, l’obligation, la faveur ou le don. Comme si “en commun” était ce à quoi quelqu’un doit appartenir, mais aussi ce à quoi il choisit de contribuer et de collaborer.

Cela dit, posons-nous la question : croyons-nous vraiment que l’eau a une vocation universelle, pour toutes les générations ?  Travaillons-nous à faire de cette vision une réalité ?

L’eau en tant que bien commun est en effet cette source dont dépendent une personne et sa communauté : une rivière, un aquifère, un forage. Mais c’est aussi cette source à l’égard de laquelle on s’engage. Qui est gérée durablement à tous points de vue et de manière solidaire, en se préoccupant en priorité des plus pauvres et des plus vulnérables qui manquent d’eau, en hiérarchisant les différents usages de l’eau sur la base de la dignité humaine, en évitant l’accaparement, le gaspillage, les pollutions graves et l’utilisation de l’eau comme une arme. L’eau en tant que bien commun incite à s’interroger et à s’engager pour une saine et pacifique culture de l’eau, une véritable participation[xii], des institutions intègres et vigilantes[xiii], à conjuguer les droits et les devoirs[xiv], et enfin à des efforts pour l’éducation et la contemplation de ce don de Dieu, “sœur eau”.

 

[viii] Il ne s’agit donc pas du principe du bien commun décrit dans le Compendium de la Doctrine sociale de l’Église, § 164-170.

[ix] Agua, un elemento esencial para la vida. Contribution du Saint-Siège au Quatrième Forum mondial de l’Eau,  mars 2006.

[x] Dicastère pour le Service du Développement Humain Intégral, Aqua fons vitae. Orientation sur l’eau : symbole du cri des pauvres et du cri de la Terre, Cité du Vatican 2020, § 20.

[xi] François, Message aux participants à la Conférence “La gestion d’un bien commun : l’accès à l’eau potable pour tous” qui s’est tenue à l’Université Urbaniana le 8 novembre 2018.

[xii] Plusieurs initiatives (chacune ayant ses spécificités et ses propres approches juridiques, économiques et/ou sociales) travaillent – avec plus ou moins de succès – à promouvoir la vision et la gestion de l’eau vraiment comme un bien commun.

[xiii] Aqua fons vitae, § 104-108.

[xiv] Le droit humain à l’eau potable n’est pas le sujet de ce texte. Il faut néanmoins garder à l’esprit que le Saint-Siège promeut ce droit depuis des années. Voir Laudato si’, § 30 et Aqua fons vitae, § 49-55.

 

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